Fumo e malattia parodontale

Fabio Betteti

Fabio Betteti

La correlazione tra fumo e malattia parodontale

La malattia parodontale colpisce in Italia circa il 60% della popolazione e circa il 10 -14% manifesta forme gravi ed avanzate. La fascia di età più colpita è tra i 35 ed i 44 anni ed il sesso femminile risulta il più colpito. Oggi più che mai è chiaro il suo ruolo come fattore di rischio per l’inizio e lo sviluppo di importanti patologie sistemiche.

La malattia parodontale comprende la gengivite e la parodontite. Mentre la prima coinvolge solo la gengiva, le parodontiti coinvolgono anche la struttura ossea che circonda le radici dei denti. La placca batterica, pur essendo condizione necessaria, risente del ruolo indispensabile dell’interazione con l’ospite, quindi non basta la sola presenza dei batteri per creare i danni ai tessuti coinvolti (gengiva, ligamento parodontale e osso) ma ci vuole anche una particolare predisposizione legata all’assetto genetico dell’individuo che determina una risposta infiammatoria “esagerata” verso i batteri patogeni tanto da creare un danno tessutale a livello non solo locale ma anche generale. Oltre a questi due condizioni principali – batteri patogeni e risposta infiammatoria alterata – che possono essere valutate con dei test specifici (test BIOMOLECOLARI), alla patogenesi della malattia concorrono anche altri fattori legati all’ospite e che vengono definiti “concause” o “fattori di rischio”.

I fattori di rischio più rilevanti sono sicuramente la scarsa igiene orale ed il fumo. Mentre per la prima è facilmente intuibile la relazione esistente (vedi placca batterica) per il fumo c’è sicuramente più difficoltà da parte dei pazienti nel comprendere i suoi effetti negativi sullo sviluppo, la progressione ed il trattamento della malattia parodontale.

Scopo di questo mio articolo è appunto informare il pubblico sugli effetti deleteri del tabacco sulla salute parodontale, sottolineando, nel contempo, che il fumo rappresenta anche il più importante fattore modificabile dopo il controllo dell’igiene orale. Spero che il paziente, dopo aver appreso le informazioni date e compreso i rischi a cui può andar incontro, cercherà di modificare il suo stile di vita in comportamenti più salutari a vantaggio locale, come pure generale del proprio benessere. Non parlerò in questa sede – ma la cito solamente – dell’altrettanta ben documentata relazione del fumo con il carcinoma orale.

Il fumo moltiplica il rischio di parodontite.

Negli ultimi 40 anni numerose ricerche sulle relazioni esistenti tra fumo e malattia parodontale sono apparse nelle riviste specialistiche e diverse revisioni sistematiche sono state fatte su questa mole di lavori pubblicati. Da queste revisioni si evidenzia fortemente dal punto di vista epidemiologico come il fumo determini un considerevole aumento del rischio di sviluppare la malattia parodontale. I fumatori hanno da 2,5 a 3,5 volte più probabilità di sviluppare la malattia in una forma grave rispetto ai non-fumatori.

Quando comparata con la parodontite dei non fumatori, si notano delle differenze quali: tasche più profonde, maggior perdita di attacco, maggiori recessioni gengivali, maggior perdita di osso alveolare, maggior numero di denti posteriori con lesioni alla forca. La quantità di placca batterica ed il grado di infiammazione invece sono variabili.

I fumatori presentano anche una maggior tendenza a perdere i denti rispetto ai non-fumatori anche dopo che l’igiene orale è stata corretta e i pazienti inseriti in programmi di terapia di mantenimento (TPS o Terapia Parodontale di Supporto). Gli effetti del fumo sui tessuti parodontali sono dose-dipedenti e cioè dipendono sia dalla quantità di sigarette fumate giornalmente, sia dal tempo (anni) in cui il paziente ha fumato.

In implantologia – considerata ormai come parte integrante della parodontologia – il fallimento implantare è 2 volte più frequente nei fumatori rispetto ai non-fumatori e questo in parte è spiegato dalla correlazione esistente tra consumo elevato di tabacco e riduzione del contenuto minerale nell’osso dei fumatori.

Il fumo determina anche risposte meno favorevoli alle varie terapie parodontali quali procedure non-chirurgiche (Scaling e Root Planing) e chirurgiche come ad es. la chirurgia ossea resettiva, quella rigenerativa, la chirurgia muco-gengivale e la chirurgia implantare. Le guarigioni sono spesso ritardate e/o complicate dalla necrosi dei lembi o degli innesti, dalla mancata rigenerazione ossea o dalla sovra infezione del sito operato.

Quali sono le cause della correlazione fumo-malattia parodontale?

Ma perché si determinano tutti questi effetti negativi? Perché la malattia parodontale colpisce maggiormente i fumatori rispetto ai non-fumatori e può presentarsi in maniera più aggressiva? Perché il paziente smettendo di fumare, o comunque riducendo di molto il consumo giornaliero di sigarette, provoca un sostanziale miglioramento della sua salute parodontale ed una miglior risposta al trattamento?

Le numerose ricerche condotte sulle cause e sui meccanismi che interverrebbero sulla associazione tra fumo e malattia parodontale ne suggeriscono principalmente tre.

1. Microflora sub gengivale alterata
Il fumo creerebbe un microambiente che favorisce la colonizzazione di tasche gengivali poco profonde da parte di alcuni batteri maggiormente patogeni per il parodonto. Nei non fumatori, gli stessi batteri li troviamo in tasche molto più profonde.

2. Alterazione nella risposta dell’ospite
Sia la risposta infiammatoria che quella immunologica vengono alterate dal fumo. Ecco allora che i meccanismi di difesa si riducono: diminuzione dell’attività dei granulociti neutrofili, diminuzione della attività di alcuni mediatori chimici della risposta infiammatoria locale e di alcuni attivatori e regolatori della risposta immunologica cellulare (linfociti T). Si determina anche una riduzione locale della produzione di anticorpi (IgA) e l’attività riparativa dei fibroblasti del connettivo viene bloccata.

3. Azione diretta della nicotina sui tessuti
La nicotina causa una vasocostrizione dei vasi sanguigni periferici e questo porta ad una minor quantità di sangue nelle gengive dei fumatori. Questo spiegherebbe l’aspetto tipicamente “anemico”delle gengive e quindi l’evidenza di una ridotta espressione clinica della malattia: “la malattia c’è ma non si vede!”.

Cosa si intende con questa frase? Vediamo di farlo comprendere. Sapendo che la parodontite è l’evoluzione naturale di una gengivite non curata, l’azione della nicotina sul flusso sanguigno comporta una riduzione delle tipiche manifestazioni della gengivite (minor sangue minor gonfiore, minor arrossamento e minor sanguinamento spontaneo) impedendo così, al paziente stesso e a chi esegue una visita frettolosa del cavo orale, di scoprire i segnali infiammatori tipici di una gengivite in atto. Questa mancata visibilità superficiale fa sì che si determini un vero e proprio occultamento del processo patologico in atto (mancata diagnosi iniziale) portando col tempo allo sviluppo della malattia parodontale ad un livello più profondo con perdita irreversibile delle strutture di sostegno dei denti. Quando i primi sintomi della parodontite sottostante si manifestano: fuoriuscita di pus dai solchi gengivali (piorrea) aumento della mobilità dei denti, ascessi parodontali, alitosi, diventa quasi imbarazzante spiegare al paziente che a fronte di una gengiva rosa e che mai ha dato problemi, c’è in realtà una situazione disastrosa dove ormai per alcuni o parecchi denti l’unico trattamento eseguibile è solo l’estrazione.

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Perché è importante smettere di fumare.

Concludendo questo breve articolo, possiamo dire che le conseguenze più o meno gravi date dal fumo nell’ambito del cavo orale associate ai numerosi e gravissimi danni esplicati su altri organi (vedi bronco pneumopatie croniche ostruttive, patologie cardiovascolari, tumori in vari distretti corpore) determinano l’esigenza di sensibilizzare maggiormente i nostri pazienti sulla relazione FUMO-SALUTE.

Questo piccolo contributo personale va in questa direzione e sebbene gran parte dei fumatori decidano e smettano di fumare di propria iniziativa (solo il 2-5% smette indotto da consigli medici) ciò indica comunque l’enorme potenziale che noi operatori medici possediamo nel proporre e sostenere interventi di consulenza ai nostri pazienti per smettere di fumare.

Per ulteriori approfondimenti sui danni del fumo, puoi leggere anche questo articolo sul rapporto tra fumo e bellezza.

Dr. Fabio Betteti

Laureato in Medicina e Chirurgia all’Università di Padova nel 1983. È stato allievo del dott. Gianfranco Carnevale frequentando il corso biennale di perfezionamento in Parodontologia (1987-1988). Si è perfezionato in Implantologia sotto la guida del Prof. Ugo Consolo all’Università di Modena e Reggio Emilia (2005). Ha inoltre frequentato corsi nazionali e internazionali di aggiornamento e perfezionamento in chirurgia parodontale e implantare e corsi di endodonzia. Si occupa prevalentemente di endodonzia e terapia parodontale.

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